Agente di commercio

Anni fa si parlava di “agente di commercio” per riferirsi a chi promuoveva la vendita di prodotti con “il diesel e la borsa”. Erano i tempi in cui l’agente compilava con il cliente moduli cartacei in triplice copia, per poi inviare al preponente l’ordine, con tutte le specifiche (quantità , prezzi unitari, prezzo totale, condizioni di reso, scontistica, etc…). Oggi in tempi di tablet e di e-commerce molto di quell’attività mantiene la sua importanza, specie quando il contatto umano e la conoscenza del prodotto continua a rivestire un rilievo significativo nei rapporti cliente-fornitore.

Collaboratore occasionale

A volte le aziende preponenti non scelgono una persona quale proprio “agente”; preferiscono in una fase inziale chiamarlo (o trattarlo come un) collaboratore occasionale. L’intento è chiaro: non chiamiamo questa persona con il suo “nome” formale: si tratta in realtà di un soggetto che porta la preponente una proposta contrattuale, solo che lo fa – almeno in una prima fase – senza una continuità. Così, senza esserne consapevoli, si rischia di instaurare un rapporto di agenzia a tempo indeterminato, che, se l’agente opera all’estero, potrebbe presentare rilevanti incognite sul piano della legge applicabile.

Il Procacciatore di affari

Quello che è internazionalmente definito “occasional intermediary” è nella nostra terminologia chiamato “procacciatore” o “procacciatore d’affari”. Si tratta di una figura che non è definita dalle norme del codice civle, né dalla direttiva UE sugli agenti, ma è frutto dell’elaborazione giurisprudenziale. Secondo la Cassazione, si è in presenza di un procacciatore quando un soggetto, pur operando come un agente, non abbia u rapporto “continuativo” con un dato preponente, ma al contrario si tratti di un rapporto caratterizzato dalla “occasionalità.

L’art. 1751 cc.

Può capitare che un’azienda si renda conto del reale costo complessivo di un agente nel momento in cui questi cessa il proprio rapporto. In tali casi, sia in Italia che nell’UE, all’agente è dovuta una indennità di fine rapporto che – ai sensi dell’art. 17 della direttiva UE sugli agenti – può comportare esborsi molto significativi. Nel nostro ordinamento la direttiva è stata recepita con una modifica dell’art. 1751 cc che fissa il limite di un anno di provvigioni, calcolato sulla media degli ultimi cinque, la soglia massima che però è spesso facilmente raggiungibile nella pratica applicazione di tale (contestata) norma. In tale scenario un buon contratto deve prevedere l’applicazione della legge più favorevole al preponente – nei limiti in cui ciò sia possibile – e stabilire che la base di calcolo dell’indennità in favore dell’agente sia circoscritta al minimo inderogabile. Anche in tali casi un buon contratto non può fare miracoli, ma aiuta a raggiungere una soluzione equilibrata.

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